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Da oggi in poi, molti termineranno le proprie ferie, rientrando al lavoro dopo un periodo di meritato stop. Praticamente passeranno da un momento di totale relax, alla riconferma della solita routine lavorativa. Indistintamente si prova un gran senso di tristezza e non appagamento, che spesso sfocia in nervosismo. Gli inglesi lo chiamano post-vacation blues, dove “blue” è sinonimo di tristezza, depressione.
E’ lo stress post-vacanza, o depressione da rientro: una sindrome sempre più diffusa, che si traduce, per chi torna al lavoro, con senso di stordimento, calo dell’attenzione, mal di testa, apatia.
Secondo uno studio condotto nel 2018 da “In a Bottle” un italiano su tre soffre di “post vacation blues”, che in italiano si può tradurre come “sindrome da rientro”. È una situazione che dovrebbe farci riflettere, perché inizia ancora prima di partire. Se quotidianamente siamo frustrati, quando andremo in vacanza staccheremo la spina e passeremo un periodo piacevole, avremo modo di prenderci tempi più umani e di goderci ogni piccola cosa: il rientro a una vita che non ci piace sarà però avvilente. È come se un criceto che corre su una ruota all’interno di una gabbia venisse lasciato libero di correre all’esterno e poi venisse riportato tra le sbarre. La ragione di tutto ciò? anche le ferie concentrate tutte in agosto e, soprattutto, la “qualità del tempo che cambia”.
Che cos’è questo fenomeno? Ne parla il Dott. Francesco Bocci, psicoterapeuta e psicologo digitale.
“La questione non riguarda dunque il fatto che siamo tristi di rientrare, ma che siamo tristi di tornare alla nostra routine. In vacanza o in viaggio entriamo in una modalità più analogica, rallentiamo, siamo presenti sul momento, anche a livello sensoriale, mettiamo da parte i ritmi serrati a cui spesso siamo costretti. Al ritorno il sentimento più diffuso è un mix di tristezza e rassegnazione. Questo perché se la nostra vita normalmente è frustrante e non particolarmente appagante, non saranno una decina di giorni di relax a restituirci la serenità.”
Cosa si può fare allora nella fase acuta del post vacation blues? Un primo suggerimento è, se possibile, rientrare a lavoro gradualmente. Anche meditare, prestando attenzione al respiro, può essere rigenerante: bastano dieci minuti al giorno. Infine, concedersi dei piccoli momenti sensoriali quotidiani, dall’annusare un fiore ad ascoltare una canzone che ci piace, a leggere, a giocare o camminare, ma senza ansia da prestazione del fare e tutto deve essere naturale. L’equivoco di base è che la mente si ricarichi con il riposo. Per questo si resta spiazzati se al rientro da una vacanza si prova questa tristezza. La mente in realtà si ricarica portando a termine le cose che desideriamo e prendendo consapevolezza di ciò che siamo in un determinato momento della nostra vita, e quindi attivando un meccanismo di autoregolazione equilibrato. Se si parte soddisfatti, dunque, si torna soddisfatti. Se si parte insoddisfatti, si torna insoddisfatti. Viviamo in un’epoca in cui la soddisfazione è difficile. Ci hanno venduto l’illusione di poter avere tutto, di essere multitasking, di poter avere tempo libero e successo, di poter trasgredire avendo una famiglia. Desideriamo più cose di quelle che siamo in grado di ottenere. Non siamo nemmeno fatti biologicamente per il multitasking: il nostro cervello funziona bene quando si concentra su una cosa alla volta.
A soffrire di questo tipo di malessere sono anche i giovani e giovanissimi, in particolare durante l’adolescenza. Anche per loro, spesso, il rientro a scuola dopo le vacanze è un’esperienza emotivamente traumatica.
Sul fronte della prevenzione, è importante imparare a entrare in contatto con se stessi nel proprio quotidiano. Ascoltare i propri bisogni (emotivi, fisici, spirituali, sociali) e tentare di dare risposte adeguate. Provare a ricercare la propria pienezza mentale per un quarto d’ora al giorno è un esercizio che, se praticato tutto l’anno, evita di soffrire di questo tipo di disturbi temporanei.
“Interiorizzare” la realtà. Durante le ferie è tipico rinviare l’accettazione del rientro, che non fa che peggiorare le cose. Quando la vacanza è una fuga, una negazione della quotidianità, è inevitabile che il ritorno sia traumatico. Questa è la componente psicologica di questo tipo di disturbo.
Un aspetto molto importante del malessere da rientro dalle ferie è quello legato al contesto socio economico ed all’incertezza sociale attuale. Viviamo un periodo di crisi generale ed allargata a più settori, in cui le risorse economiche da dedicare allo svago sono generalmente sempre più ridotte, e le nostre ferie sono spesso accompagnate da sensi di colpa. Abbiamo una parte di noi sadica ed eccessivamente autocritica, che non ci fa godere i periodi di vacanza, e di conseguenza non ci permette di pensare al lavoro come a un sano momento di rientro dopo un po’ di ristoro. Sarebbe bene riappropriarci dell’idea che quelle ce le siamo davvero meritate.
“Può sembrare una banalità, ma per garantirsi un buon rientro è anche importante non scindere, anche solo mentalmente, i “giorni di ferie” da “quelli di lavoro” in modo così netto. Integrare momenti per sé anche durante la normale attività lavorativa è sempre una buona cosa, poiché ridimensiona l’ansia da prestazione ci riporta ad una connessione maggiore con se stessi e con il proprio corpo. Essere troppo schematici e rigidi anche su questi aspetti non fa bene alla nostra mente e al nostro organismo.”, conclude il Dott. Bocci.
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